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"Violenza e Rispetto",  Ingiustizia,  Sport,  Valori

Mamme al Giro del Mondo

La velista francese Clarisse Crémer ha scagliato la denuncia: “Dov’è l’uguaglianza e il fair play dello sport”?


Clarisse è una velista oceanica, che a 31 anni ha attraversato l’Atlantico da sola a bordo di una barca di 6 metri e mezzo e compiuto imprese entrate nella storia della vela.

Al Vendée Globe 2020/21, il giro del mondo non stop in solitaria, una regata-maratona ritenuta tre le più dure, si era piazzata 12a.

Ha combattuto contro venti e onde per 87 giorni e 2 ore, primato di velocità femminile.

Ma la Crémer è anche la mamma di Mathilda, e per questo è stata lasciata “a terra” dal suo sponsor….

…. che “non vuole correre il rischio che io non riesca a qualificarmi per l’edizione 2024. Sono scioccata, altri progetti lanciati molto più di recente continuano senza intoppi”.

IL RACCONTO

Ho dato alla luce nel novembre 2022 una bambina. Anche se nulla mi ha obbligato a farlo, avevo informato il mio sponsor Banque Populaire nel febbraio 2021 del mio progetto materno e familiare. Mi hanno comunque scelto per il Vendée Globe 2024. Venerdì scorso ho saputo che ha deciso di sostituirmi”.

Anche le regole del Vendée Globe sono sotto accusa, perché: “vietano alla donna di avere un figlio”. Ha spiegato:

“Per l’edizione 2024 richiedono a tutti gli skipper di competere in base al numero di miglia coperte durante la regata. Su questo criterio, ovviamente, sono rimasta indietro rispetto agli altri concorrenti, la maternità mi ha impedito per un anno di essere presente alle gare di qualificazione”.

Questo ha spinto lo sponsor a non voler correre rischi, sarebbe stato come “lasciare che il destino scegliesse per loro” e che loro “devono” essere allo start del Vendée Globe”.

Insomma il messaggio dello dello sponsor è: “Il Vendée Globe, a tutti i costi». Ma questo stride con la natura stessa della manifestazione, come sintetizza Clarisse: “E’ singolare che siano pronti ad assumersi il rischio di un trimarano gigante e di tutti i pericoli naturali, tecnici e umani associati alle regate d’altura, ma non quello della maternità”.

“Vendée Globe si accontenta di “scusarsi” con me”, ma dice che “non può fare nulla”. E’ l’organizzazione che scrive le regole. Ricordo loro che 4 anni fa sarei stata automaticamente selezionata come finisher (velista che ha finito la regata) della precedente edizione. Ricordo che 13 nuove barche (1/3 della flotta) beneficiano di un’esenzione così da essere selezionate automaticamente in nome del sostegno all’innovazione”.

Ragionevolmente non è un problema di preparazione sportiva: “Mi mancano 2 stagioni complete e 4 regate transatlantiche per tornare al livello necessario per competere, ero completamente attrezzata per raggiungere la mia ripresa fisica il prima possibile”.

Non si sta parlando di una gara di valenza esclusivamente competitiva: “Se oggi le regate d’altura esistono è perché gli sponsor le scelgono come mezzo di comunicazione e le utilizzano per raccontare grandi storie sportive e quindi, a priori, umane”.

IL SIGNIFICATO VERO

Infatti il problema diventa sulla natura dello sport in se, e anche qui è la nostra protagonista chiarisce: “Le regole di una competizione hanno lo scopo di garantire equità e fair play. Oggi è chiaro che le regole scelte dal Vendée Globe vietano a una donna di avere un figlio, anche se è una sportiva riconosciuta, già finisher nella precedente edizione. Nel 21° secolo, chi vuoi credere che tali regole siano giuste? Facile rammaricarsi, poi, dello scarso numero di donne ai nastri di partenza”.

Una vicenda che sta provocando reazioni veementi, un simbolo della lotta per la parità di genere: “Vorrei ringraziare le persone che mi hanno sostenuto e che si riconosceranno in me. Sono determinata a tornare a navigare, sotto i colori di un partner fidato di cui condividerò le convinzioni umane.

La mia passione per la vela rimane intatta e riuscirò presto a superare la disillusione che sto vivendo oggi. Penso soprattutto a tutte le donne, atlete e non, che attraversano simili difficoltà senza avere la possibilità di parlare. Cosa significa uguaglianza per le donne? Comportarsi in tutto e per tutto da uomini e quindi soprattutto non essere incinte? Se parlo oggi, non è per vendetta, per attirare l’attenzione o per auto-commiserarmi, ma per provocare una riflessione e nella speranza di far progredire la nostra società”.

REAZIONI

Solidarietà è stata espressa anche dalla Ministra dello Sport Oudéa-Castéra, che ha istituito un tavolo di mediazione per il 6 marzo.

Anche il Presidente del Vendée Globe ha evidenziato le contraddizioni: “Decisione affrettata”. Alain Leboeuf, infatti, esprime il suo parere: ”Non capisco come si possa prendere una decisione del genere… Mancano ancora molte gare e Clarisse sarà in grado di fare molto bene per essere sulla linea di partenza nel 2024, lo spero davvero”.

Ecco la posizione ufficiale del Vendée Globe, che imputa la decisione allo sponsor, e delinea la sua competenza come quella di garante: “(abbiamo) appreso che il Team Banque Populaire ha deciso di cambiare skipper, sulla base del fatto che la partecipazione di Clarisse Crémer alla prossima edizione non è garantita.

Di fronte a una corsa sempre più allettante, l’Organizzazione ha dovuto modificare il proprio regolamento per l’edizione 2024. Alla richiesta generale di pubblicarlo molto presto, è stato dato corso nell’ottobre 2021 per dare la massima visibilità sulle regole di partecipazione (…) l’Organizzazione della regata non può in nessun caso permettersi di modificare le regole, quando il processo di selezione è già iniziato”.

SIGNIFICATO DI QUESTA STORIA

Insomma, uno sponsor che fa legittimamente i propri interessi, ma dimentica il sostegno allo sport, pensando troppo al ritorno economico. L’organizzazione di una importante manifestazione, che non è d’accordo al suo interno; se questo è un segnale di democraticità, dall’altro evidenzia confusione, ed eccessiva attenzione all’aspetto competitivo piuttosto che a quello sportivo.

Quale è la differenza? Lo sport è competizione ma non è solo questo, così come la competizione è anche nello sport ma non solo.

Lo sport è per sua natura certamente rispetto delle regole, ma di fronte ai continui cambi di regolamento, il problema da quello di eguaglianza di fronte a questo, diventa burocratico, ovvero “le carte” che non riescono a stare dietro alla realtà del contesto, ne ai reali valori in campo.

Non stiamo parlando, lo ribadiamo, di qualificazione alle Olimpiadi, dove l’imprevisto, l’infortunio, la gara sbagliata, o scelte personali non possono sopravanzare le procedure sportive, ad esempio i tempi o la partecipazione effettiva a precisi step.

Stiamo parlando di una gara che prevede la vittoria del più forte, ma anche di far partecipare i rappresentanti di uno sport, coloro che ci lavorano e lo innovano, quelli che si sacrificano per questo, in altre parole.

E da questo punto di vista la scelta di diventare mamma, nel momento di massimo splendore agonistico, per poi senza indugi tornare a sacrificarsi, non dovrebbe essere una penalità, ma un valore aggiunto.

Una lezione da coloro che fanno tutto per lo sport, ma che conservano la cosa più importante: la propria umanità ed il proprio ruolo sociale.

Oltre che aver “tradito” lo spirito sportivo, di cui la parità di genere è elemento centrale, è proprio negli aspetti umani che hanno mancato Banque Populaire e Vendée Globe.

E ci spiace dirlo, ma la repentinità e perentorietà della decisione, secondo noi è stata espressione di codardia, e forse anche il tentativo maldestro di dare “una lezione” a chi non segue al di sopra di tutto il dio denaro e la dea vanità.

Riteniamo che lo sport, e il mondo della vela, invece di risultare danneggiati da questi burocrati insensibili ed “interessati”, sta risultando e risulterà vincitore.

E non servirà un premio o una classifica, per scrivere questa vittoria.


FONTI: La Stampaopen.online

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