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Per la Libertà

A Sanremo, Pegah Moshir fa una rivolta sul palco: si scioglie i capelli.



Mi sono svegliato stamattina e mi sono messo subito a lavorare, avevo una scadenza per il pomeriggio. Ero “digiuno” di Sanremo, se non per le notizie sui media.

Quando ho sentito questa storia, ho dovuto approfondire subito, di fronte alla ribellione si accende il fuoco. Ho visto le immagini, poi ho cercato la canzone di cui si parla.. insomma sono stato due ore a scrivere, azzardandomi persino ad elaborare un video (lo farò più avanti); ogni tanto una lacrimuccia, poi la rabbia, poi la voglia di agire contro le ingiustizie, come si può.

Al diavolo il lavoro, ma poi stanotte ho dovuto recuperare porca miseria… e comunque l’articolo l’ho messo fuori la sera, ormai tardi per suscitare interesse. Ma sono riuscito a farlo, sono soddisfatto, non potevo farne a meno, in Iran c’è una rivolta verso un mondo arcaico, e noi che ci riteniamo liberi, dobbiamo impegnarci, anche mostrando i capelli o scrivendo un articolo su una Rivista di periferia.

UNA PREMESSA

Commozione e riflessione dal Palco di Sanremo. Uno sguardo alla ribellione che si conclude con un gesto semplice, che vale più di mille articoli di giornale, di conferenze, lacrime e grida.

Gesti e momenti di vita per noi scontati, in Iran sono puniti con la violenza. Ma la musica convoglia le energie, incoraggia lo spirito a immaginare e costruire un mondo migliore.

Pochi minuti sono bastati per spalancare una finestra tra i risvoltosi, che da mesi lottano contro l’ingiustizia di un regime che vorrebbe abbattere le coscienze.

LA CANZONE

Il palcoscenico del Festival si è immerso nelle note di «Baraye» (significa “per”), la canzone simbolo delle proteste in Iran, che raccoglie alcuni “tweet” di dedica alle giornate di protesta. Per questo pezzo il cantante Shervin Hajipour è stato arrestato (e poi rilasciato su cauzione), prima di essere insignito di un Grammy Award, in una nuova sezione: “Miglior canzone per il cambiamento sociale”.

Ad annunciare il suo premio, è stata la First Lady americana Jill Biden: «Una canzone può unire, ispirare e alla fine cambiare il mondo. È l’inno delle proteste di Mahsa Amini, è un potente e poetico appello alla libertà e ai diritti delle donne».

MONOLOGO E DIALOGO

“C’è un posto nel mondo dove non si può amare liberamente, né vivere liberamente, dove i ragazzi muoiono in nome di un ideale chiamato ‘Donna, vita, libertà’, quel Paese è l’Iran”. Così Amadeus presenta Pegah Moshir Pour.

Mi chiamo Pegah Moshir Pour, Italiana di origini Iraniane. Nata tra i racconti del Libro dei Re, cresciuta tra i versi della Divina Commedia. Consulente e attivista dei diritti umani e digitali. In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata, e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico, sono parole un po’… forti. Perché sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. E’ per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi del mio Paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e repressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità.

La parola Paradiso deriva dal termine persiano “pardis”, giardino protetto. Allora io mi chiedo, esiste un paradiso forzato? Ahimè sì. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide persino i bambini? Dal 16 settembre 2022, dalla morte di Mahsa Amini, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso. Io vi ringrazio perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano”.

L’Artista Drusilla Foer l’ha affiancata nella lettura di alcuni versi della canzone Baraye, mentre Pegah sintetizzava la realtà di cui essi sono testimoni:

Drusilla: Per gli intellettuali imprigionati.

Pegah: Nella prigione di Erin ci sono più di 18.000 tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici, che spariscono nel silenzio.

Drusilla: Per i bambini, rifugiati afgani

Pegah: in Iran ci sono più di 1.000.000 di profughi afgani, perseguitati, senza la possibilità di costruirsi una vita.

Drusilla: Per sentire un senso di pace, per il sorgere del sole dopo lunghe notti. E per la ragazza, che desiderava essere un ragazzo.

Pegah: in Iran, chi è omosessuale, rischia l’impiccagione.

Drusilla: per donna, vita, e libertà

Pegah: le parole chiave, della rivoluzione

Drusilla: per la libertà

Pegah: per la libertà

Drusilla: per la libertà. Per la libertà.

LA CANZONE

Shervin Hajipour – Baraye

(con traduzione in italiano)

(Video dal Canale YouTube di Ernesto Strano)


BARAYE

TESTO DELLA CANZONE IN ITALIANO

Ve lo scrivo, così che possiate copiarlo, diffonderlo, come potete fare con il video. Fatelo, non ci crederete, ma anche voi parteciperete così alla ribellione.

Per ballare nei vicoli
Per il terrore quando ci si bacia
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per cambiare le menti arrugginite
Per la vergogna della povertà
Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria
Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri
Per questa economia dittatoriale
Per l’aria inquinata
Per Valiasr e i suoi alberi consumati
Per Pirooz e la possibilità della sua estinzione
Per gli innocenti cani illegali
Per le lacrime inarrestabili
Per la scena di ripetere questo momento
Per i volti sorridenti
Per gli studenti e il loro futuro
Per questo paradiso forzato
Per gli studenti d’élite imprigionati
Per i ragazzi afghani
Per tutti questi “per” che non sono ripetibili
Per tutti questi slogan senza senso
Per il crollo di edifici finti
Per la sensazione di pace
Per il sole dopo queste lunghe notti
Per le pillole contro l’ansia e l’insonnia
Per gli uomini, la patria, la prosperità
Per la ragazza che avrebbe voluto essere un ragazzo
Per le donne, la vita, la libertà
Per la libertà
Per la libertà
Per la libertà


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