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Razzismo Sempre


Festa per la vittoria dell’Italia agli Europei 2020

Articolo in risposta ad un post di Djarah Kan, giornalista e blogger, in cui si critica la foto sopra. Un articolo in cui si cade nella generalizzazione, nell’assurdo, e nello stereotipo.

Cara Djarah Kan, ho scritto questo articolo non certo per condannare la tua buona fede, o per sottovalutare in alcun modo l’impegno necessario contro il razzismo.

Mi sembrava il caso, proprio per contribuire alla causa, di dibattere su alcuni punti che ho ritenuto francamente generalisti, assurdi, contraddittori, pretestuosi, persino offensivi, messi in campo per alimentare una lotta che rischia di essere sempre meno pratica e sempre più ideologica.

Djarah Kan, ora che sei lanciata a sostituire Michele Serra o Gramellini, come ti suggerisce una tua lettrice senza cenni di umiltà da parte tua, sicuramente non considererai la risposta di un signor nessuno quale sono io, fuori tempo e fortemente critica.

Il tuo post si apre con una generalizzazione miope: i neri in Italia sono sfruttati. Ti sfugge che anche gli italiani sono sfruttati, ma anche che lo sfruttamento (di bianchi e neri, ispanici, cinesi, ecc..) con differenze che tendono a scomparire, ci sono in tutti i Paesi, ma proprio in tutti, compreso per certo nel Paese del quale sei originaria.

Il tuo post non ha senso, a mio avviso, e se mi permetti, l’unico senso è che sei riuscita a prendere 6mila like sfruttando a tua volta questa foto, e mettendo in piedi una teoria assurda e finendo fuori tema.

Mi spiego. Sei finita fuori tema perché hai parlato degli inglesi: forse volevi estendere il tuo concetto al mondo, ma che senso ha se si parla degli italiani, come rafforzativo al medesimo ragionamento? A tal riguardo, ti faccio notare che hai evitato di rispondere ad un commento che ti diceva che molti insulti razzisti in Inghilterra sono venuti da ex immigrati o figli di, o meglio hai risposto tipo “calmati, respira”… che è pure peggio.

Ti dico perché è assurdo. La tua critica parte dal fatto che “non dovrebbe essere strana questa foto”. Bene, che ne dici della foto della giovane afroamericana che non cedette il posto sull’autobus? O di tante altre diventate un simbolo della lotta al razzismo? O perchè a questo punto non critichiamo le manifestazioni? In un mondo perfetto non servirebbero. Quelle contro l’omofobia? A questo punto sono sbagliate anche le manifestazioni contro la guerra, o la mafia.

Altra riflessione per te, avvisami se devo leggere la risposta sul Corriere della Sera o Repubblica. Se coloro che guardavano il bimbo di colore con la bandiera italiana avessero fatto un gesto di schifo, sarebbero stati criticati. Se si fossero girati dall’altra parte pure o anche se non avessero mostrato emozioni. Se nessuno avesse fatto una foto, probabilmente qualche influencer ci avrebbe scritto un post da migliaia di like. Così come se qualcuno (come hai detto tu in un commento al post) avesse reagito con “violenza ❤️🌈” alla foto al minore senza autorizzazione, sarebbero piovute critiche.

E quindi perché non criticare anche quando tutto va come dovrebbe andare? Cioè la festa è anche degli italiani di colore, con cittadinanza o meno, e gli italiani maschi, bianchi, etero magari, sono li che apprezzano, dando una chance di riflessione a chi è razzista o contro lo IUS SOLI per come lo vuole la sinistra.

Vedi, cara Djarah, il cambiamento (un po’ come la tua ascesa agli editoriali dei giornali maggiori) avviene con calma, passo dopo passo, attraverso foto come questa, o piccoli gesti. È chiaro che ogni passo verso il cambiamento è indietro rispetto al cambiamento stesso, è una questione di necessità, di temporalità, di logica.

Trovo fuorviante e capzioso criticare sempre o comunque, solo perché l’infinità delle vie del ragionamento umano o delle opinioni, lo permette.

Come spero di aver argomentato, hai fatto questo. E i tanti commenti che ho letto sul post, come quelli che criticano le persone che dicono ad un bambino di colore che è carino, assimilando il loro atteggiamento a quello di coloro che accarezzano un cane, non fanno altro che fomentare coloro che ritengono i bambini neri delle piccole scimmie o i futuri beneficiari illegittimi della libertà, del lavoro o delle donne italiche; i quali per altro, purtroppo in taluni casi, non ne fanno mistero quando ti incontrano con il passeggino. Ma tornando agli Italiani civili, che si limitano a fare la stessa cosa quando incontrano i bambini di tutte le etnie: cosa dovrebbero fare questi italiani “schiavisti dentro”? Se dicono che il bimbo nero è bello sono razzisti, se dicono che è brutto pure, così come se dicono che è così e così, ma anche se evitano di dire qualcosa, perché ad un bimbo bianco direbbero qualcosa.

Non ti viene in mente che se dicono che è carino è perché lo pensano, si meravigliano della bellezza inusuale ai loro occhi, uguale a quella usuale dei loro pargoli bianchi, colpiti dai capelli, dalla pelle, dalle manine, in tutto e per tutto belli come quelli dei pargoli caucasici, seppur diversi. Dici che la cosa ti irrita perché da grandi questi bambini vengono visti diversamente. Hai mai pensato che ciò non è vero se quel bambino diventa un uomo bravo, e non un criminale? Hai pensato che la stessa metamorfosi di immagine riguarderebbe anche un bimbo italiano?

Mi permetto di suggerire di vagliare le idee che ci vengono in mente, con contro idee che potrebbero smontarle; capire che come influencer si ha una responsabilità, che viene messa alla prova quando viene in mente un’idea che può scatenare visioni e commenti superficiali e buoni solo per riaffermare ancora una volta se stessi e la propria ideologia, senza poi avere nemmeno l’umiltà si confrontarsi.

E ricorda: la lotta contro il razzismo non l’hanno fatta solo i neri, ma anche i bianchi, e senza questi ultimi oggi non saremmo a questo punto.

PS: riguardo al post in un cui c’è una figura stereotipata di italiano (simile a Bersani o Gargamella), in cui affermi che rappresenta un “Italiano base”, mi permetto di consigliarti un buon oculista, e anche di riflettere a come si potrebbe rappresentare un “cinese base” o un “nigeriano base”, senza cadere nello stereotipo o nella macchietta.


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