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"Violenza e Rispetto",  Coppie Ribelli,  Cronaca Bella,  Giovani,  Ingiustizia,  Storie Ribelli

Lucia e Antonio


E’ una coppia di ribelli particolare, quella di una vedova e dell’assassino di suo marito. Una storia di perdono e redenzione, che ci ricorda che il male si combatte con il bene, non con la vendetta e la rabbia, con il risentimento per quanto male ci possa fare la vita.

E’ la storia di un pentimento, da parte di chi ha rovinato la vita altrui ma trova il coraggio di cambiare e fare in modo che il male commesso diventi un esempio del cambiamento. Ma non è una storia solo di sentimenti, ma di impegno pratico, di azioni concrete che ad oggi hanno lasciato un piccolo patrimonio.

– La Redazione

Napoli, 4 Agosto 2009, viene uccisa la Guardia Giurata Gaetano Montanino, che lascia la giovanissima moglie Lucia ed una figlia in tenera età. Gaetano abitava ad Ottaviano, nell’hinterland napoletano, lavorava all’istituto “La Vigilante” e si trovava in piazza Mercato, insieme al collega Fabio De Rosa, per l’abituale giro di controllo dei negozi di zona. Si avvicinarono dei ragazzi con l’intento di rubare le pistole di ordinanza. Ne seguì un conflitto a fuoco.

Negli anni successivi inizia un rapporto tra la vedova e uno dei componenti della banda, rimasto egli stesso ferito, e finito subito agli arresti, grazie alla testimonianza del collega di Gaetano, anch’egli crivellato dai colpi e salvo per miracolo, e di uno degli assassini. Per quell’omicidio, Antonio fu condannato a 22 anni di carcere. Poi, il pentimento.

Racconta Lucia: “Antonio era a Nisida (carcere minorile, ndr). Aveva chiesto al direttore dell’istituto di incontrarmi. Ma il solo pensiero mi faceva stare male. Non volevo trovarmi davanti a un assassino. Sono passati anni. Ogni tanto mi ripetevano che quel ragazzo voleva vedermi. “È importante per il suo percorso, ma bisogna farlo prima che venga trasferito a Poggioreale”, dicevano. (…) è capitato quello che non avrei mai immaginato prima. Eravamo sul lungomare, alla marcia di Libera. Mi sentivo stanchissima. Mi trovavo accanto a don Tonino Palmese quando il direttore di Nisida mi disse che Antonio era lì. Sul palco. Rivolsi lo sguardo verso di lui. Cercavo un mostro, vidi un ragazzino. Tremava, piangeva. Non ho mai avvertito tanto dolore negli occhi di una persona. Era come un animale ferito dal male che lui stesso aveva provocato. Mi sono avvicinata. Antonio mi ha abbracciata. Chiedeva perdono. “Non dovevo farlo. Non lo farò più”. Mentre parlava, stava per svenire. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo. “Ormai è fatta. Ma ora devi promettermi che cambierai vita”, gli ho risposto”.

Ad Ischia oggi è nato un presidio di LIBERA, che ha il nome della Guardia Giurata. facendo in modo che quello di Gaetano si trasformasse in un sacrificio. E lì, in un bene confiscato alla criminalità, ora ci lavora anche Antonio.

Commenta la Pagina FB Le Aquile : “Chi ha avuto la fortuna di ascoltare il racconto di Lucia ha sentito sicuramente (io sì) il cuore sussultare e rinnovarsi, perché il gesto “rivoluzionario” del perdono è un elemento trasformativo che coinvolge anche chi solo ascolta. Lucia ha perdonato, dopo un elaborato e laborioso percorso, uno degli assassini del marito e dinnanzi alle nostre facce incredule ci ha spiegato, come fosse la cosa più logica e facile al mondo: “Sentivo che quella morte di mio marito non doveva essere inutile e da una morte doveva scaturire una vita”.

Non ha perdonato il giovane a parole, ma ha iniziato ad incontrarlo sempre più spesso sino ad ad aiutarlo ad organizzare la sua uscita dal carcere e un reinserimento sociale”.

Un giorno il giovane ha spiegato: “Per me Lucia è una mamma e Gaetano il mio papà; io devo cambiare per lui”. Oggi è padre di due figli. E se, al compimento del venticinquesimo anno di età, non è stato trasferito in una cella di Poggioreale, è anche grazie a Lucia. La donna che i suoi bambini chiamano “nonna Lucia”, dà consigli alla sua compagna, gli ha aperto la strada per ottenere un lavoro. Lucia ha di fatto “adottato” non solo lui, ma tutta la sua famiglia.

Qualche volta parla ai ragazzi che rischiano di finire stritolati dal crimine come accaduto a lui e si presenta così: “Mi chiamo Antonio e nella mia vita ho fatto tanti errori. Ma ho promesso a Lucia, il mio angelo custode, di uscire dalle tarantelle. Lavoro con i disabili e non c’è cosa più bella al mondo che aiutare i più deboli. Lucia mi ha fatto capire tantissime cose”.

Lucia sa che la strada è lunga: “Non sono la madre di questo ragazzo, né una terapista. Ma ci sto mettendo grande impegno. Amavo tantissimo mio marito. Ogni volta che vedo Antonio, vedo il dolore. Ma sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono, mi dà sollievo. A volte penso che sia un miracolo”.

Ai ragazzi che rischiano di finire come lui, un giorno Antonio ha detto: “Credetemi, niente è più brutto che sbagliare come ho sbagliato io. Il rimorso ti uccide dentro e te lo porti dietro per tutta la vita”. Dopo tanta violenza, un barlume di speranza.


FONTE: La Repubblica, FanPage, Il Mediano

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